Regia: Michael Gracey
Anno: 2017
Il musical ritorna e lo fa in grande stile. Dopo il successo di La la land (2016), sembra che Hollywood si stia nuovamente interessando a un genere che un tempo aveva reso gloriosa la mecca del cinema. Segno che, forse, il pubblico ha di nuovo voglia di leggerezza e di perdersi in un mondo più o meno lontano dalla realtà di tutti i giorni.
The greatest showman ci porta via dai giorni nostri con una narrazione a metà strada tra favola e romanzo dickensiano, dove protagonisti sono il rutilante mondo del circo, i freaks, i fenomeni da baraccone, ma soprattutto la voglia di riscatto e le sfide che valgono il sogno di una vita.
Siamo nell’America nell’Ottocento e il giovane Phineas Taylor Barnum, figlio di un umile sarto, stringe una forte amicizia con Charity, appartenente alla ricca famiglia per cui il padre lavora. Tuttavia il loro legame viene ostacolato per ragioni di carattere sociale e le cose non si mettono meglio per il ragazzo quando rimane orfano di padre. Senza perdersi di coraggio, convinto che la fortuna risieda tutta nella buona volontà e intraprendenza dell’uomo, dopo vari espedienti per tirare avanti, l’ormai adulto Phineas (Hugh Jackman) fugge a New York con Charity (Michelle Williams), si sposa e trova un lavoro. Le cose non vanno sempre bene e infatti, perso il lavoro per la solita imprevedibilità della sorte, Phineas deve fronteggiare ancora una volta le avversità, senza darsi per vinto e con un’incrollabile fiducia nelle possibilità dell’uomo.
Da qui parte l’idea di andare alla ricerca di persone con anomalie fisiche o caratteristiche straordinarie, prima per dare vita a un bizzarro museo di freaks, in seguito per allestire un vero e proprio circo dove ognuno possa esibire con naturalezza e orgoglio la propria “diversità”. Il riscatto sociale dei freaks non tarda ad arrivare e il turbinante spettacolo di canzoni, balli, piroette e colori ottiene un grandissimo successo non solo in America, ma anche in Europa. Non mancano, come nella tradizione delle migliori storie, incomprensioni e disastri, tradimenti e riconciliazioni, ma tutto si sistema con un ovvio ma non scontato lieto fine, che vede trionfare l’amore, l’amicizia e il superamento dei pregiudizi sociali.
Il film è diretto da Michael Gracey, che esordisce alla regia con questo brillante lavoro, mentre la sceneggiatura è firmata da Bill Condon, uno che di musical se ne intende; sue, infatti, sono regia e sceneggiatura di Dreamgirls (2006) e sceneggiatura di Chicago (2003), due dei film musicali più interessanti e riusciti degli ultimi anni.
Hugh Jackman (The prestige, Prisoners, Logan) aveva già mostrato le sue doti canore in Les Misérables (2012) e qui le conferma, delineando un efficacissimo personaggio, credibile nella storia del self-made man, fermamente convinto nel sogno americano contro tutti gli ostacoli. Una presenza scenica sorretta dall’ormai onnipresente e brava Michelle Williams (Blue Valentine, Marilyn, Manchester by the sea), qui per una volta luminosa e lontana da ruoli complessi e introversi. Ma la sorpresa arriva da una prova finalmente matura di Zac Efron (The paperboy, Cattivi vicini), nei panni di un rampollo dell’alta borghesia newyorchese che lotta per affrancarsi da una vita già scritta e soffocante. I suoi brillanti duetti con Jackman e il numero con la trapezista di cui è innamorato sono i momenti migliori della sua carriera ad oggi.
Un appuntamento immancabile per chi ama il genere e certamente un buon film per chiunque cerchi una storia ben raccontata, con bravi attori e belle canzoni. Una di queste, “This is me”, ha ricevuto una candidatura ai prossimi Oscar come migliore canzone.