Suspiria, recensione del film di Luca Guadagnino

suspiria

Regista: Luca Guadagnino
Genere: Horror, Thriller
Anno: 2018
Paese: Italia, USA
Durata: 152 min
Data di uscita: 01 gennaio 2019
Distribuzione: Videa

In una grigia e piovosa Berlino, anno 1977, la giovane ballerina americana Susie Bannion (Dakota Johnson) entra in una prestigiosa scuola di ballo, gestita da un gruppo di misteriose donne, tra cui spicca l’algida coreografa Madame Blanc (Tilda Swinton). La scuola, microcosmo femminile denso di tensioni latenti e di silenziosi quanto pungenti sguardi, è separata dall’esterno della città da un metaforico – oltre che storico – muro, mentre Berlino è attraversata dalle tensioni politiche seminate dalla R.A.F.

Giorno dopo giorno il rapporto professionale e umano tra la talentuosa Susie e l’esigente Madame Blanc si fa sempre più stretto, ma eventi misteriosi, sparizioni e morti si susseguono nella scuola e rendono il clima denso di funesti presagi. La rappresentazione di un balletto, che ha il sapore di una danza macabra, aprirà le porte ad un sabbat finale grondante sangue, rivelando la vera natura della scuola, che alcune allieve avevano già intuito. Si tratta infatti di un covo di streghe divise al loro interno per la nomina di una nuova Madre.

La nuova versione di Suspiria rilegge l’omonimo film di Dario Argento degli anni Settanta e dà un tocco personale ed estetizzante al mito delle Tre Madri, sottraendo la paura e la tensione tipiche dell’horror e aggiungendo una sottile inquietudine che tiene lo spettatore su di un raffinato filo di curiosità più che di suspense e che allude alla paura senza farcela veramente provare.

Dopo il successo internazionale ottenuto grazie a  Chiamami col tuo nome (2017), Guadagnino gioca una carta impegnativa, sia perché si confronta con un classico del maestro italiano dell’horror sia perché le aspettative di critica e pubblico sono molto alte. Il cast, quasi tutto al femminile, è eterogeneo e ben delineato in volti e caratteri e offre a Dakota Johnson l’occasione di emergere dalla mediocrità della trilogia di Cinquanta sfumature, lavorando a fianco di un gruppo di attrici di talento, tra cui Tilda Swinton (Il ladro di orchidee, Io sono l’amoreSnowpiercer), qui alla terza collaborazione con Guadagnino.

Si ritrovano tra l’altro in piccoli ruoli Jessica Harper, protagonista dell’originale Suspiria (1977), e l’attrice olandese Renée Soutendijk, musa ambigua del primo Verhoeven (Spetters,  Il quarto uomo).

Il film, lungo ben oltre due ore,  procede seguendo una solenne scansione in capitoli e regge piuttosto bene fino ad un certo punto, poi avvicinandosi al finale sembra perdere il suo equilibrio sia a livello estetico (troppo compiaciuta e granguignolesca la scena del sabbat) che narrativo. La contestualizzazione storica in una Berlino ancora divisa è efficace, così come l’elegante patina con cui il film rilegge l’horror, ma la ricerca di novità rispetto all’originale s’incaglia in una storia di Shoah che scorre parallela e poi si intreccia con le vicende macabre della scuola, cercando infine la commozione in un contesto che andava in altra direzione.

E il tutto, alla fine, sembra un po’ messo assieme (per spiegare e giustificare anche ove non c’era bisogno) e perde la compattezza iniziale, tra citazioni psicanalitiche, cinematografiche (Fassbinder) e iconografiche, saccheggiate da Aronofsky (si vedano Il cigno nero e Madre!) e serie tv americane (American Horror Story).