Metropolis Madre di tutte le fantascienze: Star Wars

Metropolis Madre di tutte le fantascienze
STAR WARS locandina1
Guerre Stellari: Una Nuova Speranza-locandina

Star Wars

Con questo nuovo approfondimento entriamo nel vivo del discorso relativo al ruolo avuto da Metropolis nel gettare le basi per l’elaborazione di molto cinema Sci-Fi degli anni a venire e lo faremo ricercandone, i lasciti e le derive direttamente all’interno, nel vivo cuore, di un film, anzi di un corpus di film che orami annovera ben sei uscite divise in due trilogie, che ha saputo incidere profondamente sull’immaginario e sull’estetica di genere fantascientico dell’ultimo trentennio: Star Wars, la saga intergalattica (dovevano essere tre trilogie, nel progetto iniziale) concepita da George Lucas, la cui prima uscita, Star Wars- a New Hope data 1977 .

L'impero colpisce-locandina
L’Impero Colpisce Ancora-locandina

Per evidenti ragioni di spazio non sarà possibile riportare in questa sede un resoconto dettagliato della complessissima trama che fornisce il materiale narrativo per gli ormai sei film che compongono le due trilogie già uscite ( nel 2012 la Disney, che nel frattempo ha acquistato la Lucas Film, la casa di produzione fondata dal regista,  ha annunciato ufficialmente la produzione di una terza trilogia e di un nuovo episodio della trilogia di mezzo). Per fare chiarezza diremo da subito che quella uscita tra i tardi anni settanta e gli anni ottanta  ( Guerre Stellari, del’77, L’impero Colpisce Ancora, del 1980 e Il Ritorno dello Jedi del 1983) è la trilogia di mezzo e viene anche detta trilogia classica, proprio per il valore fondativo, di riferimento epico e classico, per l’appunto, che ricopre nei confronti di tutto l’immaginario e dell’iconicità che costituiscono il vastissimo mondo (anzi mondi) messo in rappresentazione. Qui si narrano le vicende del giovane Luke Skywalker (Mark Hamill), del suo percorso iniziatico per entrare a far parte dell’ordine dei cavalieri Jedi, sorta di templari dotati di straordinari poteri che difendono la giustizia e la pace e di come il giovane cavaliere si sia unito all’alleanza ribelle, ultimo baluardo di resistenza combattente contro le forze del malefico impero galattico, retto dal malvagio imperatore Palpatine e dal suo discepolo-succesore Darth Fener.

Il Ritorno Dello Jedi-locandina
Il Ritorno Dello Jedi-locandina

Nel corso dei tre film Luke troverà la guida del nobile e anziano Jedi Obi-Wan Kenobi e compagni d’arme di grande eroismo, come Carrie Fisher nei panni della Principessa Leila Organa, il picaresco contrabbandiere intergalattico Ian Solo (Harrison Ford), gli inseparabili droidi R2-D2 e D3-Bo e molti altri che lo coadiuverranno nelle tre grandi battaglie contro le forze oscure (una per film) che ne porteranno alla sconfitta (che però avviene grazie a Darth Fener, che scopriamo essere Anakin Skywalker, padre di Luke passato al lato oscuro, il quale solo all’ultimo riscopre il nobile Jedi che ancora alberga in lui e sacrifica la propria vita per uccidere l’imperatore Palpatine)

Il trittico costituito invece da Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma del 1999, Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni del 2002 e Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith (2005), giunto sugli schermi quindi ben sedici anni dopo Il Ritorno dello Jedi che chiudeva la trilogia di mezzo, dal punto di vista della cronologia della storia raccontata, va collocato diversi anni prima di quanto narrato in Guerre Stellari, che quella trilogia aveva invece aperto, costituendo così il corposo prequel di quella vicenda. Con un salto a ritroso nel tempo Lucas mette in scena le vicende che portarono il giovane schiavo Anakin Skywalker (ad intraprendere il cammino dei cavalieri jedi, dapprima sotto la guida del maestro Qui-Gon Jinn e poi sotto quella di un giovanissimo Obi-Wan Kenobi, e di come il corrompersi del suo animo dovuto all’azione dell’allora cancelliere della repubblica Palpatine, già segretamente adepto delle forze oscure con il nome di Darth Sidious, lo abbia spinto ad abbracciare il lato oscuro della forza sino a trasformarlo nell’odioso Darth-Fener della trilogia classica. In tale contesto si colloca anche la vicenda amorosa con la senatrice della repubblica galattica Padmé Amidala (regina del pianeta Naboo) alla cui  difesa il giovane Jedi era stato inizialmente assegnato, e da cui  nasceranno i due gemelli Luke e Leila.

E’ per difendere i due piccoli dall’influenza maligna dell’ormai corrotto padre Anakin ( poi Darth Fener) che verranno separati e inviati su pianeti remoti, divenendo il Luke Skywalker e la principessa Leila Organa della trilogia classica.

Sulla possibilità di individuare elementi di derivazione langhiana nel lavoro di Lucas concordano da tempo critici e commentatori, per quanto sarà comunque opportuno inserire questi punti di contatto in un sistema comparativo che tenga debito conto anche di quegli elementi differenziali indispensabili per comprendere la diversa specificità dei due film.

Certamente un primo tema che accomuna le due opere è quello della visione tecnologica del mondo, ovvero quello relativo alla possibilità di immaginare un mondo, o una pluralità di mondi, nel caso di Lucas, interamente fondato su tecnologie iper-avveniristiche e fantastiche, fantascientifiche per l’appunto.

Dal fanta-fiabesco al fanta-scientifico

Il fantastico mondo lunare immaginato da Méliès
Fig.1: Il fantastico mondo lunare immaginato da Méliès

Da questo punto di vista la pionieristica avventura immaginativa e visuale di Metropolis rappresenta un caposaldo irrinunciabile per tutto il cinema a venire, Lucas incluso. Non che le narrazioni a tema fantascientifico fossero insolite al cinema, in quel 1926 in cui Lang iniziò le riprese, anzi, la fascinazione per il fantastico, per i luoghi e le situazioni meravigliose sembra essere stata, soprattutto in un epoca in cui la riproduzione mimetica della realtà era affidata al teatro, una delle forze trainanti per il cinema delle origini, come attestano con chiarezza l’ormai mitico Le voyage dans la Lune  di Georges Méliès (fig.1) datato addirittura 1902, che rivisita in chiave parodica e lunare il capolavoro letterario di Jules Verne Viaggio Al Centro della Terra, o, nel 1924, il meno noto Aelita diretto da Jakov Aleksandrovič Protazanov (fig.2).

In un’epoca in cui il cinematografo, lungi dall’essere nobilitato nella sua percezione diffusa al rango di linguaggio espressivo, era ancora considerato come pura meraviglia tecnologica, fenomeno da baraccone destinato all’intrattenimento puro, la sua destinazione spettacolare specifica non poteva essere che quella, per l’appunto, di meravigliare, di stupire, oltre che per la novità tecnologica rappresentata dal mezzo in sé, attraverso la presentazione di luoghi, mondi e situazioni extra-ordinari e non esperibili al di fuori della situazione cinematografica, volti a suscitare meraviglia. Ecco affermarsi allora un vero tripudio di ambientazioni esotiche o fiabesche, extra-territoriali, insomma, se non addirittura extra-terrestri.

Nell’economia interna a questa forma del fantastico ancora confinante con il fiabesco, tutta l’attenzione era dunque riservata al contesto ambientale, cioè ai luoghi, di cui, ai fini della resa spettacolare della pellicola, rilevavano principalmente le qualità di estraneità ed eccezionalità rispetto all’esperienza che gli spettatori avevano del quotidiano.

Le varie macchinerie magiche, volanti o immaginifiche che pure si ritrovano molto di frequente in questo tipo di pellicole hanno in questo caso una rilevanza puramente strumentale ed accessoria, essendo concepite solamente come una categoria di mezzi di spostamento che devono essere extra-ordinari per consentire ai personaggi di raggiungere quei luoghi altrettanto non ordinari che sono la vera attrazione spettacolare della pellicola. Avveniva cioè che, mancando una sensibilità per i temi del tecnologico-scientifico, l’ambientazione extra-terresre, la vocazione interplanetaria fossero intese unicamente come varianti, magari estreme, dell‘esotico e dell’eccentrico, private di una loro specificità.

Fig.3: Fanta-tecnologie in Metroplois
Fig.3: Fanta-tecnologie in Metroplois

La forza innovativa della visione langhiana emerge in tutta la sua evidenza proprio se confrontata con queste istanze di tipo fiabesco-esotico. Non è più la fascinazione per l’eccentrico a ispirare il nostro regista, Metropolis non è un mondo extra o ultra terreno, è il nostro mondo, quello in cui abitiamo ora, ma colto in un qualche momento del suo futuro e reso straordinario, questo sì, dal fatto di essere interamente fondato su una super-tecnologia e su un sapere scientifico futuribile e fantasioso, in altri termini su una fanta-scienza, che lo rende assolutamente non ordinario rispetto all’esperienza di vita media del suo spettatore (fig.3). E’ l’uso di questa iperbolica fanta-tecnologia a rendere questo mondo un vero e proprio fanta-mondo, non la sua natura esotica o extra territoriale. Quel sapere tecnico scientifico e quelle macchinerie che prima erano il mezzo (di trasporto) per raggiungere i luoghi dell’eccezionale e del non ordinario divengono in questo film la causa principe di quella stra-ordinarietà, e il principale motivo di spettacolarità della pellicola.

Questa fanta-scienza qui offre veramente un’incredibile spettacolo di sé, specialmente se relazionato all’esperienza visiva media degli spettatori di quel tempo: saettanti fasci di energie luminose che si sprigionano da imperscrutabili e fantasiosi marchingegni (ancora fig.3), mezzi di trasporto volanti e di terra mai visti prima, costruzioni ciclopiche e futuribili che forniscono sfondi a dir poco epici alle vicende rappresentate: irrompe il meraviglioso a base tecnologica, nasce il pensiero fantascientifico moderno.

Ed è questa forse l’eredità più importante che Metropolis ha lasciato al cinema che sarebbe seguito, questa propensione iper-tecnologica e fantastica che permette di riconfigurare, se non addirittura di creare ex-novo, mondi e universi, l’infinita possibilità di vedere il futuro senza averlo mai avuto davanti agli occhi.

Fig.4. STAR WARS: fanta-tecnologie
Fig.4. STAR WARS: fanta-tecnologie

Ovviamente questa tendenza di fondo, nel suo trallatizio trasmettersi da una generazione di registi a quelle successive, tenderà ad acuirsi, a trovare epifanie sempre più accentuate, perfino estreme, proprio per quel suo essere espressione filmica diretta della crescente rilevanza che gli aspetti tecno-scientifici  sono venuti acquisendo nel contesto sociale e nell’immaginario collettivo durante tutti questi anni di corsa allo sviluppo (che come giustamente sottolineava Pasolini tende a coincidere sempre meno con il progresso) e quando Lucas, negli anni settanta, si è trovato di fronte alla necessità di dover immaginare, visualizzare il proprio fantascientifico universo, poteva contare su una modalità dell’immaginario già bell’e pronta, una prassi del futuribile in qualche maniera già codificata cui  ispirarsi per trarne sviluppi nuovi, esiti inattesi e altamente spettacolari (fig. 4).

Tecno-visioni divergenti

Al di là di questo comune appeal fantascientifico e iper tecnologico non si potrà poi tacere del diverso valore politico e ideologico che questa super technè assume nella weltanshauung personale dei due registi, e di come queste differenze si riverberino nelle rispettive opere, generando due visioni per certi versi oppositive della relazione tecnologia-società e, conseguentemente, due discordanti messe in rappresentazione dei temi relativi all’identità dell’individuo, che  con quella tecnologia deve confrontarsi e che solo in relazione ad essa può trovare una sua adeguata definizione ontologica.

Metropolis:ingranaggi lucidi e geometrici
Fig.5: Metropolis- ingranaggi lucidi e geometrici

La tecnologia di Metropolis è verticistica ed elitaria, appartiene a pochi individui, la classe dominante dei capitalisti, che ne traggono enormi benefici a completo discapito della qualità di vita delle grandi masse operaie, che di quelle stesse macchine sono schiave. Anzi è proprio il differente rapporto con lo strumento tecnologico, il fatto di trovarsi in una posizione di dominio o di sudditanza rispetto ad esso, a definire l’identità sociale degli abitanti e a dividere il mondo in alto (ricchezza, dominio, piani alti dei grattacieli) e basso (miseria, sudditanza, sottosuolo). Dal punto di vista visivo questa tecnologia autoritaria e di regime, diremo così, si concreta in apparati meccanici dalle dimensioni monumentali, tali cioè da tradurre anche sul piano dimensionale-prossemico la totale irrilevanza dei minuscoli uomini su cui troneggiano, e caratterizzati da tutti i tratti visivi della efficienza più spietata: metalli lucidissimi ed esenti da qualsiasi segno di usura, geometrie perfette e iper-razionaliste, ingranaggi ben oliati in pieno funzionamento (fig.5).

Un caccia TIE delle forze imperiali: lucido e nuovo
Fig.6: Un caccia TIE delle forze imperiali perfettamente lucido e nuovo

Dal momento che Lucas mette in rappresentazione un universo scisso in due, tra bene e male, tra le forze vitalistiche e benevole dell’alleanza ribelle e quelle oscure e oppressive dell‘Impero Galattico, anche la sua messa in scena della tecnologia risulterà in qualche modo diversificata al suo interno. La tecnologia degli oppressori, quella che si volge alla sopraffazione e all’uso autoritaristico del potere, trova qui una sorprendente continuità di rappresentazione con quella langhiana. Lo stesso gigantismo, auto-celebrativo sul versante interno e intimidatorio su quello esterno, la stessa ostentazione di iper-efficientismo tecnologico che si manifesta attraverso la moltiplicazione di geometrie perfette e metalli scintillanti, superfici levigate, asettiche e nuove (fig.6), la cui caratterizzazione di segno autoritaristico si corrobora sul piano visuale attraverso una serie di scelte di design che richiamano in maniera evidente le divise, gli elmi e la ritualistica militare del terzo reich (oceaniche adunate di truppe, sfoggio di armamenti, culto del leader ecc.).

un caccia X-Wing delle forze ribelli: scrostato e usurato
Fig.7: un caccia X-Wing delle forze ribelli scrostato e usurato

Ruggine e usura, chips obsoleti e circuiti stanchi (fig.7): sono essenzialmente queste le peculiarità che, su un versante di senso opposto, qualificano le macchine volanti e le armi dei ribelli, che poi sono quelle della gente comune. Si tratta di quelle tecnologie accessibili a chiunque nell’universo di Guerre Stellari, quelle di uso quotidiano, come il televisore dei giorni nostri, che non esprimono un valore tecnologico d’avanguardia ma un semplice valore d’uso. In un contesto relazionale in cui la massima rilevanza spetta di diritto all’elemento umano, che incarna il vero motivo di forza e coesione del gruppo, l’elemento tecnologico risulta quasi irrilevante, perde i suoi caratteri (anche visivi) di efficienza e iper-tecnologicità. Luke Skywalker e sodali non vincono le battaglie in virtù della potenza dei propri armamenti tecnologici, ma grazie alle loro doti di eroismo, di lealtà e solidarietà reciproche.

Hi-Tech contro Low-Fi, dominio tecno-cratico (dalle parole greche tecné: tecnica, arte e cràtos: potere ) contro incoercibile pulsione demo-cratica (da démos: popolo e cràtos: potere) , all’arroganza di un potere che si basa unicamente sul soverchiante potere della macchina  i ribelli contrappongono come proprio punto di forza le più umane tra le qualità umane come la fantasia, la solidarietà reciproca tra i membri del gruppo e gli ideali di libertà e democrazia.

Millennium Falcon vecchio e rugginoso
Fig.8: Millennium Falcon vecchio e rugginoso

Pensi il lettore, tra i molteplici esempi possibili in questo senso, al leggendario Millennium Falcon (fig.8), l’obsoleto ma velocissimo macinino intergalattico pilotato dal contrabbandiere Ian Solo (Harrison Ford) nella trilogia classica, che tra inopportuni cali di potenza dei malandati propulsori di vecchia generazione, sbuffi di vapore e stridii poco rassicuranti riesce sempre e comunque a cavarsela anche nelle situazioni più pericolose, grazie unicamente alla creatività e al pizzico di scanzonata follia di Ian e del suo copilota wookiee  (gli abitanti del pianeta Kashyyyk) Chewbecca.

Tra l’altro questa estetica del futuribile usato e rugginoso è divenuta con gli anni una sorta di  canone rappresentativo ricorrente, se pensiamo che di lì a poco avrebbero visto la luce opere dall’estetica interamente rusty-tech (espressione di mio conio per indicare quel tipo di estetica tech rugginosa e consunta di cui andiamo discorrendo) come Interceptor, il primo dei film di Miller dedicati al personaggio di Mad Max (Mel Gibson) , in cui si offre in visione un mondo post-nucleare interamente ricostruito a partire da rottami e malconce sopravvivenze di una tecnologia che fu, o il primo Alien di Ridley Scott che arriva a ibridare dismesse componenti meccaniche con elementi biomorfi e ripugnanti o, ancora, il mitico Blade Runner, sempre di Scott, su cui torneremo diffusamente in un capitolo appositamente dedicato, che, applicando quest’estetica del rottame a una visione urbanistica di diretta derivazione langhiana produrrà quella distopica Los Angeles del 2019 che ha oramai acquisito valore archetipico  nel nostro immaginario fantascientifico, con le sue fumigazioni venefiche e le acque malsane che ne avvelenano strade e palazzi.

Sociologia dell’iper-tecnica

Dunque tanto Metropolis che Star Wars individuano due gruppi di persone, di cui uno detiene il controllo tecnologico e l’altro no. La cosa sorprendente è che internamente a questi due gruppi le relazioni tra individui vengano strutturate in maniera assai simile dai due registi.

OPERAI MORTI
Fig.9: operai morti portati via davanti a un attonito Freder

Per l’organizzazione verticistica e tecnocratica del potere dittatoriale qualsiasi individuo che non si trovi al vertice è del tutto irrilevante e dunque sacrificabile, senza che alcun vincolo di tipo solidaristico o che qualsivoglia considerazione circa il valore dell’individuo possa intervenire a intralciare l’efficiente funzionamento dell’ingranaggio globale. Quando il giovane Freder assiste all’esplosione della grande macchina-moloch nel sottosuolo di Metropolis, per esempio, vediamo che i corpi dei lavoratori morti vengono trascinati via senza alcun garbo e nell’indifferenza generale, per essere sostituiti in tutta fretta con altri corpi (vivi), esattamente come se si trattasse di pezzi di ricambio fatti di carne, il cui solo scopo è quello di ripristinare quanto più rapidamente possibile le funzionalità meccaniche temporaneamente venute meno (fig. 9).

Darth Fener punisce uno dei suoi
Fig. 10: Darth Fener punisce uno dei suoi

In maniera del tutto simile, tra le fila dell’Impero Galattico, il temibile Darth Fener, garzie ai suoi malsani poteri telecinetici, dispensa con disinvolta prodigalità morti atroci e dolorosissime a chiunque commetta il benché minimo errore, soldati, ufficiali e perfino generali, le cui vite, peraltro, vengono regolarmente sacrificate senza il benché minimo scrupolo durante le azioni belliche, a conferma del bassissimo valore con cui vengono considerate (fig.10) .

Al di sotto del vertice di questo sistema autoritario e tecnocratico, indipendentemente dal fatto che si tratti della ricca borghesia di Metropolis o del duo formato dall‘Imperatore Palpatine (Darth Sidious) e dal suo discepolo-successore Darth Fener, a nessuno è permesso di aiutare nessuno, nessuno può prendere iniziative autonome o esprimere una qualche forma di autonoma volizione.

Di tutt’altra materia sembrano fatti, invece, i rapporti tra i non detentori del dominio tecnologico, gli operai-schiavi di Metropolis e l’alleanza ribelle di Guerre Stellari. Se da un lato è innegabile che questo contesto umano e relazionale funga da luogo di concentrazione di tutte le istanze di tipo solidaristico, libertario e demo-cratico, dall’altro non può sfuggirci la differente prospettiva storico sociale sulla cui base tali istanze vengono metabolizzate all’interno dei due film.

da sin: Luke Skywalker, la principessa Leilae Ian Solo
da sin: Luke Skywalker, la principessa Leilae Ian Solo: tre esempi di reciproca lealtà

Nell’universo dipinto da Lucas l’aspirazione democratica e ugualitaria viene presentata come condizione già raggiunta in un passato aureo e glorioso e che solo successivamente sarebbe venuta meno, con l’imporsi della brutale ideologia del dominio voluta dall’Impero Galattico. Nell’inferno proletario di Metroplolis questi ideali, invece, sono ancora tutti da venire, una sorta di chimera irraggiunta, una utopia salvifica e risolutiva cui disperatamente tendere ma che ancora non trova la benché minima possibilità di attuazione nella società per come esiste. Anzi, il valore profondamente rivoluzionario della predicazione politica della Maria buona tutto si riassume proprio nell’aver rivelato alle masse l’esistenza di tale possibilità, nell’aver creato nei loro animi l’aspirazione alla sua realizzazione concreta, nell’aver dato loro la speranza. Concetto, quest’ultimo che ha valore strutturale anche nella costruzione di senso lucassiana nella misura in cui interviene a distinguere i personaggi attivi da quelli passivi, i cosiddetti Re-belli, che proprio perché nutrono ancora la speranza nella riaffermazione dei valori umanizzanti trovano la forza di combattere per essi, dagli im-belli cioè dalla massa di quelli che, non sperando, si limitano a subire passivamente il dominio delle forze oscure.

Tutto questo percorso che attiene all’ affermazione delle istanze  redimenti e positive viene poi sviluppato su scala diversa dai due registi, che sono separati da cinquant’anni di evoluzione del pensiero politico e di quello relativo ai concetto di persona e identità, per cui in Lang tutta la vicenda ha dimensione collettiva, sociale e dunque palesemente politica, nel senso che il suo film è la storia dell’emancipazione di una classe sociale intera, della liberazione di una intera società, mentre in Lucas il processo di liberazione è raccontato dal punto di vista delle scelte che i singoli individui devono compiere nell’intento di perseguire quel risultato. Luke deve scegliere tra lato oscuro e lato luminoso della forza, come ogni uomo quotidianamente deve fare delle scelte, giuste o sbagliate, buone o cattive, ne dobbiamo fare continuamente. Solo che, essendo Luke il Prescelto, colui che nelle profezie Jedi riporterà equilibrio nella forza, dalle sue scelte dipende la salvezza dell’intero universo.

Metropolis: le grandi masse operaie
Metropolis: le grandi masse operaie

E’ più auto-determinato e individualista l’uomo concepito da Lucas, tutto concentrato sulle proprie scelte interiori e sulla propria consistenza etica (scegliere il bene o il male), mentre quello di Lang risente di una visione semplificatoria e oleografica del comunismo, che anni dopo il regista ricusò seccamente, e che fu certamente influenzata dalla presenza di Thea Von Arbou melodrammatica sceneggiatrice e autrice del romanzetto omonimo da cui è tratto il film. Secondo questa sorta di comunismo melò-pittorico, che predica la pacificazione dei conflitti di classe attraverso il «cuore»  che dovrebbe svologere una funzione da «mediatore» tra capitale e classi lavoratrici, il singolo rileva come semplice ingranaggio di un meccanismo sociale e politico più vasto e complessivo, in cui il ruolo individuale vale solo in qunto funzionale allo scopo generale.

Omologie funzionali

Su un livello più generale sarà poi possibile una lettura in parallelo dei due film che tenga conto delle numerose omologie funzionali che riguardano specifici personaggi dell’una e dell’altra opera ma che, a mio avviso, sembrano imputabili più a questioni di tipo narrativo e strutturale che non alla presunta influenza che Metropolis avrebbe esercitato sull’opera di Lucas.

Penso, per esempio, alla lampante analogia evidenziata da molti tra le due coppie padre-figlio che hanno posizione centrale per importanza narrativa nell’una e nell’altra pellicola: Jon Fredersen-Freder, in MetroploisAnakin Skywalker (poi Darth Fener) e Luke Skywalker in Star Wars.

Fredersen e Freder: riconciliazione con il capo degli operai
Fredersen e Freder: riconciliazione con il capo degli operai

E’ pur vero che in entrambi i casi ci troviamo di fronte a un padre detentore di un potere autoritario che è causa di sofferenza per le moltitudini e di un figlio, un giovane, dalle cui scelte dipendono le sorti del mondo intero, addirittura dell’universo, visto che la sua funzione, quasi messianica, è quella di portatore delle istanze positive, salvifiche e libertarie (l’emancipazione della classe operaia e l’affermazione della democrazia  per Freder, la liberazione dal dominio del male, per Luke). Ed è altrettanto vero che questa identità redimente entrerà irrimediabilmente in conflitto con il potere omeostatico-dittatoriale del genitore, che verrà sconfitto proprio nelle sue fondamenta autoritaristiche dalle qualità umanizzanti del figlio. Più che di rapporto di derivazione dell’uno dall’altro film, però, mi sembra semplicemente che la trama di entrambi realizzi una variante specifica, quella del conflitto padre-figlio, di una tipologia strutturale ricorrente e del tutto generale, archetipa, che attiene alla messa in scena del conflitto  tra ordine passato e ordine futuro, tra immobilità e cambiamento, tra tutto ciò che è vecchio, vecchie idee, vecchie regole e tutto ciò che è nuovo, fresco, vitale e prolifico. Nella storia della letteratura e del teatro, nell’antichità come ai giorni nostri, nella storia del cinema e dello spettacolo in genere, non si contano le trame che raccontano le vicissitudini di personaggi giovani, e quindi rappresentanti del futuro che avanza e dei valori nuovi, che devono riuscire sconfiggere l’autorità morale o politica di personaggi più in là con gli anni, che secondo la logica di queste finzioni, danno corpo agli aspetti più conservativi e autoritaristici della società.

Luke e il padre Darth Fener nel celebre duello
Luke e il padre Darth Fener nel celebre duello

Priamo e Tisbe, Romeo e Giulietta, Renzo e Lucia quanti giovani  amanti hanno dovuto lottare anche a costo della vita per poter affermare l’istanza  prolifica dell’amore giovane contro gli autoritarismi o le bramosie di vecchi d’ogni sorta, tiranni, padri-padroni, fratelli e  ottuse famiglie? Quanti giovani eroi di leggende, fiabe e romanzi hanno intrapreso difficili viaggi, spesso anche solo nella propria dimensione interiore, o superato prove estreme per potersi ricongiungere a donne amate o (ri)trovare valori etici perduti o nuovi, salvare regni e villaggi dalle forze del male o riportare indietro tesori, dal valore spesso simbolico? Jacopo Ortis e il Neo di Matrix, il Capitano Kirk e Siddartha, Luke Skywalker e Freder, nomi che hanno nutrito l’immaginario di innumerevoli generazioni, a testimonio dell’incessante stupore dell’uomo per il mutare delle cose, per il prodigio del nuovo che si impone sul vecchio, della vita che avviene.

Luke ritrova Anakin sotto la maschera di Darth fener
Luke ritrova Anakin sotto la maschera di Darth Fener

Anche sul fatto che i tratti da eroina-combattente della Principessa Leila Organa possano provenire da quelli di eroina-attivista  della Maria di Metropolis mi sento di avanzare dei dubbi, per quanto non manchi di rilevare l’evidente analogia di ruolo narrativo che assimila questi due personaggi di donna combattiva simbolo della libertà e delle istanze democratiche. Credo tuttavia che i modelli cui Lucas ha attinto per il suo personaggio siano da cercarsi altrove: nell’immaginario fumettistico di genere  fantascientifico che amò in gioventù, Flash Gordon in testa, e in quella fascinazione di fondo per il cavalleresco-fiabesco che informa tutta po’ tutta la sua opera con il vario repertorio di cavalieri e principesse, regni, regine, paladini del bene e signori del male da sconfiggere. Forse allora non è un caso se l’acconciatura della principessa Leila, è la stessa che porta la Regina Fria, l’algida regina dei ghiacci di Flash Gordon (fig.16), anzi direi che con l’immaginario Gordoniano la

Fig.16: Stessa acconciatura per la principessa Leila e la Regina Fria di Flash Gordon
Fig.16: Stessa acconciatura per la principessa Leila e la Regina Fria di Flash Gordon

compromissione sia volutamente palese dal momento che regni alieni e veicoli volanti, raggi e razzi, principesse guerriere e armi del futuro sono all’ordine del giorno tanto nella creazione narrativa di Lucas che nel fumetto di Alex Raymond.

 A un livello di ricerca visiva minuta è poi innegabile che la seduttiva donna-robot costruita dallo scenziato pazzo di Metropolis, Hel-Maria, abbia fornito a Lucas il modello estetico di riferimento nella creazione del “droide” dorato C-3PO, che insieme alla sua controparte R2-D2 (C1-P8 solo nel doppiaggio italiano della trilogia classica) forma l’immancabile coppia di accompagnatori di Luke, modellata sulla coppia oppositiva dei due contadini amici-litigiosi  Tahei e Matashichi, in La Fortezza nascosta di Akira Kurosawa (1953).

L’esoscheletro dorato che riveste C-3PO, droide addetto al protocollo  in grado di parlare più di sei milioni di idiomi assemblato da Luke ancora bambino, è praticamente identico a quello del replicante di Metropolis (fig.17 e 18), ad eccezion fatta per le braccia, di forma tubolare, che sono riprese dall’uomo di latta de il Mago di Oz. La relazione, poi, si esurisce qui, nel semplice richiamo figurale, dal momento che i due droidi sono diversi tra loro a cominciare dalla concezione di base che li informa.

Hel-Maria e D3-BO: design identico
Fig.17: Hel-Maria e D3-BO: design identico
Fig.18: Maria-Hel e D3-BO primo piano
Fig.18: Maria-Hel e D3-BO primo piano

Per Lucas si tratta sempre e comunque di una semplice macchina al servizio dell’uomo, per quanto sofisticatissima, che dunque dal suo creatore resta distinta sia per la percezione che ne abbiamo sia per la caratterizzaizone visuale che trova nel film, con il corpo riflettente di metallo, la voce e le movenze meccaniche ecc. Lang concepisce un essere meccanico pensato per sostituire l’uomo (Rotwang , nell’ intento di sfuggire al dolore crea il suo replicante con l’intento di conferirgli le sembianze della defunta e amatissima Hel) tanto che da dopo la trasformazione in Maria, non sarà più possibile distinguerla fisicamente dagli esseri biologici in carne e ossa.

Al di là di ulteriori speculazioni il fatto che mi pare degno di nota è che a cinquant’anni di distanza la ricerca visiva fatta dal Lang sia ancora in grado di orientare le scelte di design di un regista del calibro creativo di Lucas, il che basta di per sè a darci la misura del peso che ha avuto nel processo di fondazione dell’estetica di genere, fornendo, per così dire, l’innesco iniziale al processo di visualizzazione del  fantascientifico cinematografico. 

mano rotwang correzione
La mano protesica del Dott. Rotwang

L’altra analogia che vale la pena  segnalare riguarda il fatto che tanto Anakin (poi Darth Vader) quanto Luke skywalker, persa una mano in combattimento, la sostituiranno con un arto protesico dal rivestimento scuro e lucido che richiama in maniera quasi palese la protesi che Rotwang indossa al posto dell’articolazione persa durante la costruzione della donna robot, se non altro per il fatto che quello di Rotwang sarà il capostipite di una genia di arti posticci del tutto simili che si ritrovano in numerosi scienziati di altri film, o comunque in personaggi in qualche misura riconducibili per caratterizzane al dottore pazzo di Metropolis, come il dott. Stranamore, il Peter Seller del film omonimo (regia: Stanley Kubick, 1964), in cui la presenza di un guanto nero e lucido indossato sulla mano che il dottore non riesce a controllare, sembra voler creare un richiamo sintetico alla protesi e, dunque, alla figura di Rotwang, coinvolgendo lo spettatore in un percorso deduttivo obbligato in cui la mano protesica verrà collegata direttamente al possesso di un enorme quanto deviante sapere scientifico. Anche nel Frankenstein Junior di Mel Brooks troviamo una mano rotwanghiana, quella dell’ispettore Kemp, oggetto di ripetute gags e che vale come richiamo dal segno parodico all’immaginario retrò che promana dallo scienziato langhiano.

Mano protesica di Luke Skywalker
Mano protesica di Luke Skywalker

La figura sensuale e metallica della cyborg ante-litteram creata da Rotwang, poi, consente di aprire una molteplicità di discorsi non solamente in relazione alle figure dei due droidi R2-D2 e D3-BO onnipresenti nella saga di Lucas ma, su un piano più generale, invita a una riflessione ampia sui concetti di cyborg, robot, replicante, persona artificiale ecc. ecc., che trova riscontri e proficui sviluppi in molteplici pellicole sci-fi e in personaggi intramontabili.

Il nerboruto terminatore interpretato da Arnold Schwarzenegger, o le macchine mostruose di Matrix e, Roy Batty di Blade Runner e Il Tetsuo di Tsukamoto e la nuova arrivata, la Samantha che in Her-Lei di Spike Jonze evolve il concetto di persona artificiale in quello di coscienza virtuale pura. Tante declinazioni possibili di uno stesso discorso, forse tappe di una processualità che cercheremo di scandagliare nel prossimo appuntamento con L’Angolo Critico.

To be continued…