Regia: Silvio Soldini
Anno: 2012
Dopo Pane e tulipani (2000), Soldini torna alla commedia per raccontare, con lucido disincanto, il dolce-amaro della realtà italiana di oggi.
E’ piuttosto complesso definire cosa renda un film un’opera di Silvio Soldini.
Ogni sua pellicola è sempre innovativa, nonostante abbia in sé qualcosa che la rende, inequivocabilmente, sin dalle prime sequenze, un film di Silvio Soldini. Di fatto, la sua firma è inconfondibile.
Si può ipotizzare che siano le tematiche, si possono considerare le scelte stilistiche, gli attori-feticcio, ma la capacità di raccontare queste tematiche, di applicare queste scelte a temi e contesti sempre differenti, di trasformare tali attori in personaggi sempre nuovi e diversi, è certamente una dote che lo contraddistingue e lo definisce come Autore.
Certo, il merito della riuscita di questo film in particolare, Soldini lo condivide con gli sceneggiatori (Doriana Leondeff, con cui costituisce coppia affiatata da anni, e Marco Pettenello) e con gli attori (Giuseppe Battiston e Alba Rochwacher, ma anche Maria Paiato, ammirata attrice teatrale ancora poco utilizzata dal cinema, uno stralunato Valerio Mastandrea e un simpatico e azzeccatissimo Luca Zingaretti).
Soldini gli attori li plasma, li modella; sa prendere spunto dagli elementi più casuali della quotidianità per costruire personaggi che sembrano dei disadattati al limite del sociopatico, ma che ad uno sguardo più ravvicinato si rivelano talmente simili a noi (o a come vorremmo essere) da risultare simpatici al primo sguardo.
E anche il sur-realismo di questo film è così sapientemente e magistralmente calato nel contesto da non stonare affatto. Vedere il fantasma della propria moglie e chiacchierare con lei tutte le notti alle quattro è un fatto che si potrebbe trovare piuttosto insolito, ma in fondo non è questa una rielaborazione di ciò che fanno (o vorrebbero fare) molti individui che abbiano perso una persona cara?
La fluidità della regia di Soldini ci permette di immedesimarci innanzitutto nello sguardo fantastico e stupito di Diana (Rochwacher, eccezionale) e nella sua lotta tragicomica contro la realtà economica italiana. In secondo luogo, ci dà accesso all’ingenua sensibilità di Elia (Luca Dirodi): le sue domande sono di una profondità incomprensibile agli adulti ma ovviamente non ad Amanzio (Battiston), l’ adulto-bambino che unisce alla cultura e alla saggezza dell’età adulta lo spirito sovversivo e ipercritico proprio dell’infanzia. Queste domande, dunque, ci offrono un punto di osservazione privilegiato per ammirare la fantasia che si cala nella realtà.
E allora non stona nemmeno sentir parlare le statue dei grandi del nostro passato nazionale, politico e culturale, un’idea per la quale Soldini, probabilmente, si è ispirato a Jonas che avrà vent’anni nel Duemila (Jonas qui aura 25 ans en l’an 2000; Alain Tanner, 1976), dove a parlare era la statua di Rousseau. Nel film di Soldini Garibaldi e Leopardi, in una contrapposizione dialogica e ideologica con il nostro contemporaneo Cavalier Cazzaniga, riflettono sul nostro presente obbligandoci a fare i conti con un’Italia in caduta libera sotto ogni prospettiva.
Il comandante e la cicogna si rivela così erede di quel filone della commedia all’italiana di Monicelli, Germi e Scola che, pur facendo ridere lo spettatore, si faceva portatore di un messaggio profondo sulla necessità di cambiamento della nostra società.
I problemi della contemporaneità (la ricerca del lavoro, il dramma di dover pagare un affitto, la corruzione) emergono infatti in primo piano anche in questo film, seguendo la strada aperta da Giorni e nuvole (2007) e lasciandoci leggere in controluce riferimenti e allusioni a personaggi e situazioni della politica di oggi.
Eppure Il comandante e la cicogna non è tanto un film di denuncia quanto un’opera che analizza – seppur poeticamente – la società italiana per infondere nello spettatore un alito di speranza.
Io credo allora che quel qualcosa di inconfondibile che contraddistingue una pellicola come un film di Silvio Soldini sia la poeticità con cui l’Autore guarda alla realtà del nostro presente e riesce a raccontarla.
Seguiamo dunque il volo di Agostina verso un futuro migliore.
E se accadrà qualcosa di brutto, sapremo di poter contare sui veri valori della vita: l’amore, la famiglia (quella che eleggiamo noi) e soprattutto l’amicizia.
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