Regia: Nanni Moretti
Anno: 2006
Nanni Moretti, a dispetto delle attese, realizza un film onirico e visionario piuttosto che politico, un’operazione metalinguistica di alta cinefilia.
“Un film su Berlusconi proprio no, tutti sanno già tutto su di lui, chi voleva sapere sa, chi non vuole capire… Io ho un altro progetto, sto scrivendo una commedia… è sempre il momento di fare una commedia!”.
È lo stesso Nanni Moretti che, parlando tramite il personaggio che interpreta nel film, fa la sua dichiarazione di poetica sulla sua opera cinematografica.
Risulta molto limitativo parlare de Il caimano come di un film ideologico o di denuncia: è evidente che il regista non ci mostra più di quello che già sappiamo a proposito di Silvio Berlusconi. L’opera è tutt’altro che politica: è onirica, è visionaria; è un film schizofrenico con tanti temi al suo interno, come la famiglia, la coppia, il vivere oggi, l’infelicità, l’ideologia. La critica al potere politico è ferma e schietta ma risulta marginale rispetto agli altri elementi del plot.
All’interno della pellicola vi è un continuo susseguirsi di set nel set, di film nel film; sia le immagini che la struttura cinematografica risultano visionarie, anche se la vena onirica risulta come una linea che rimane sotterranea, senza un preciso punto di inizio o di fine.
Il film è come un grande sogno (che poi, il cinema stesso è un sogno), contrassegnato da una forte impronta metalinguistica, un lavoro di commedia, di parodia e di cinefilia, con continui ammiccamenti al cinema horror e di serie B.
Da segnalare la presenza di diversi protagonisti (autori e sceneggiatori) del cinema italiano come Virzì, Mazzacurati, Garrone, Sorrentino, Montaldo, Grimaldi, i quali creano l’idea di una vera e propria claque attorno alla figura di Moretti regista.
L’immagine iniziale della valigia colma di banconote che cade dall’alto è squisitamente visionaria (fa parte difatti dell’immaginazione del protagonista Bruno, interpretato da Silvio Orlando, il quale si addormenta più volte durante il film) e fa balenare nella mente le celebri e grottesche scene di Rapina a mano armata, diretto da Stanley Kubrick nel 1956.
Il All’interno del film coesistono due fili narrativi: uno è quello privato e intimistico, che narra con i toni della commedia drammatica lo sfascio di un rapporto coniugale e le difficoltà incontrate da un produttore durante la realizzazione di un film su Berlusconi; l’altro, quello politico, mostra due maschere diverse di Silvio Berlusconi. La prima maschera, che compare nella parte iniziale, sembra quasi una marionetta, fragile, senza personalità; la seconda, interpretata dallo stesso Nanni Moretti, diventa un personaggio carismatico a tutto tondo.
Da vedere anche per le scelte registiche e visive, che risultano più ricche, meno tradizionali rispetto a quelle abituali di Moretti. La scena finale, che rimanda molto al genere noir, è la più prepotente di tutto il film ed è quasi premonitrice.
La visionarietà del film infatti, oltre che nelle immagini, sta nella sua attualità (pur essendo uscito nelle sale 6 anni fa): i temi mostrati sono ancora attualissimi, quasi come se Moretti fosse stato capace di prevedere i risvolti politici e sociali dell’Italia del primo decennio del duemila.