La premiata ditta Burton-Depp torna sul grande schermo tra vampiri gentiluomini e streghe cattive, ma le risate sono poche e le aspettative vengono deluse
Stroncare un film a volte può essere divertente, ma quando il film da stroncare è di un regista che si è (quasi) sempre apprezzato, la cosa si fa più difficile. Sono una fan di lunga data di Tim Burton: ho amato gran parte della sua produzione, in particolar modo quella partorita a cavallo tra la fine degli anni ottanta e la fine degli anni novanta, e annovero Big Fish nel mio personale pantheon dei film del cuore. Purtroppo, però, da alcuni anni a questa parte pare che il regista di Burbank abbia perso il tocco magico che l’aveva consegnato alla storia del cinema come uno dei registi più creativi, poetici e visionari della sua generazione.
Barnabas Collins (Johnny Depp) è il rampollo di una ricca famiglia che, a metà dell’Ottocento, dall’Inghilterra sbarca nel Maine per dare vita a un impero commerciale nel campo dell’ittica e con esso a una piccola cittadina a cui viene dato il loro nome, Collinsport. Nel fiore della giovinezza, Barnabas seduce e abbandona Angelique Bouchard (Eva Green), una domestica che si rivela essere una potente strega.
La sua vendetta sarà terribile: causerà la morte dei genitori del giovane e quella della sua fidanzata Josette, per poi tramutare egli stesso in vampiro e farlo seppellire vivo, rinchiuso in una bara. Dopo quasi duecento anni, Barnabas viene accidentalmente liberato dalla sua prigionia e, tornato finalmente nella sua vecchia dimora, vi trova i suoi discendenti, ormai caduti in rovina a causa della concorrenza con AngelBay, l’azienda ittica fondata da Angelique, ancora in vita e ancora rancorosa nei confronti dei Collins: la rinnovata rivalità tra i due porterà, com’è ovvio, un sacco di guai.
Basato sull’omonima e popolarissima soap opera creata da Dan Curtis alla fine degli anni Sessanta, Dark Shadows purtroppo delude le aspettative. Il film, va detto, non è un totale disastro: parte abbastanza bene, ma non riesce mai a decollare: la sceneggiatura è piuttosto piatta, e per gran parte della durata del film si ha la sensazione che non stia succedendo praticamente niente; alcuni personaggi, poi, vengono presentati allo spettatore per poi essere relegati sullo sfondo senza venire approfonditi, tanto da risultare pressoché inutili nell’economia della storia.
L’ironia, che si presume dovesse essere il punto di forza della pellicola, non è sufficiente: per quanto possa esserci uno sforzo di fondo volto a divertire il pubblico, le risate scarseggiano; alcuni momenti sono demenziali (uno su tutti, il rocambolesco amplesso di Barnabas e Angelique), altri, invece, imbarazzanti: si pensi, per esempio, alla rivelazione della figlia-licantropo, all’apparizione del fantasma della madre di David o alla morte di Angelique, con tanto di auto-esportazione del cuore pulsante e glitterato.
L’autoreferenzialità di Burton è evidentissima: il movimento delle mani usato da Barnabas Collins per ipnotizzare è lo stesso del Bela Lugosi (interpretato da Martin Landau) di Ed Wood, il volto di Josette ricorda molto quello della sposa cadavere protagonista dell’omonima pellicola, e c’è anche un po’ di Beetlejuice nell’umorismo e nelle atmosfere della vicenda (ma non siamo assolutamente agli stessi, altissimi livelli).
Ma Burton non cita solo sé stesso: Angelique che cade letteralmente a pezzi nello scontro finale ricorda il divertentissimo La morte ti fa bella di Robert Zemeckis; le statue del castello che prendono vita, così come i fantasmi della fidanzata di Barnabus e della madre del piccolo David fanno invece tornare alla mente Haunting – Presenze, film del 1999 con Catherine Zeta-Jones e Liam Neeson che vorremmo tutti dimenticare: un paragone, credo, non certo gradito.
Una nota positiva, però, c’è: il cast. Johnny Depp è sempre impeccabile quanto veste i panni degli eroi burtoniani (ormai siamo a quota sette), e sicuramente la visione in lingua originale aggiungerebbe punti alla sua performance: già solo guardando il trailer ufficiale ci si innamora del suo meraviglioso accento british. Ma anche le donne si fanno notare: Eva Green, sia per l’innegabile bellezza che per il portamento da femme fatale, incarna perfettamente l’affascinante strega cattiva, Michelle Pfeiffer è algida al punto giusto e Helena Bonham Carter si riconferma la grande caratterista di sempre.
In definitiva, Dark Shadows è un progetto riuscito solo in piccola parte, nonostante il soggetto si prestasse alla perfezione allo stile e alle tematiche del regista californiano; un film di cui molto probabilmente non avremmo sentito la mancanza e del quale, altrettanto probabilmente, ci scorderemo presto. I fasti di Edward mani di forbice, Nightmare Before Christmas e Batman sono, purtroppo, finiti da un pezzo.