In anteprima dalla XIV edizione del Sottodiciotto Film Festival di Torino.
La prostituta Claire si muove da un posto all’altro della costa inglese con la figlia adolescente Eleanor. Le due sono donne-vampiro passate attraverso due secoli di Storia, sempre in fuga dal mondo e dagli umani, braccate da una fratellanza di misteriosi non-morti in cerca di un’antica vendetta. Quando Eleanor si innamora di un ragazzo malato di leucemia, qualcosa sembra cambiare…
I nuovi vampiri di Neil Jordan non rilasciano interviste. Non certo per mancanza di eventi e clamorose rivelazioni da confessare all’umanità, anzi. Semplicemente, dall’altra parte, fuori da stanze d’albergo squallide e disfatte in cui si rinchiudono, non c’è più nessuno ad ascoltare, capire, (r)accogliere, empatizzare con loro.
A fissare sul nastro di una cassetta la voce sommessa e sofferta di uno spirito esangue e intristito, come faceva il giornalista di Intervista col vampiro (“Interview with the Vampire: The Vampire Chronicles”, 1994) con il nobile succhiasangue Louis/Brad Pitt intento a raccontare la sua storia.
Raccontare, sfogarsi, condividere, produrre un lascito. Proprio quello che, in barba ad ogni illusione dei social media contemporanei, non può fare la teen-vampyr Ella (Saoirse Ronan, sempre più problematico ultracorpo adolescenziale dopo The Host, 2013, di Andrew Niccol). Vergando a mano le pagine nerissime della sua esistenza solitaria. Per poi gettarle al vento, affidate agli uccelli. “La mia storia non può essere raccontata” e infatti si strappa e si accartoccia. Dispersa e ritrovata (riscritta?) continuamente, nelle pieghe e nei risvolti narrativi che man mano fanno luce su un passato doloroso.
Una verità a cui nessuno può credere, perché la suggestione della finzione è troppo potente, con il reale e il fantastico che si mescolano sotto il segno dell’ambiguità di storie, personaggi, relazioni (come sempre in Neil Jordan). “È come se Poe e Mary Shelley si sposassero e avessero una figlia strana” dice un insegnante di Eleanor leggendo il suo gotico scritto sul tema dell’identità (“Chi sono io?”).
Più facile pensare a un precoce talento letterario frustrato da soprusi familiari che scoprire in Ella il volto dell’angelo della morte, come fanno gli anziani malati che si lasciano “prendere”. “La vita eterna”, ma forse la vita stessa, “si ottiene solo abbracciando la morte”, offrendosi agli appetiti del vampiro.
Come pure per il giovane attratto da Ella, che vuole continuare a vivere il suo amore all’ultimo morso. Anche se l’erotismo morboso, fatale ed etereo, solitamente associato alla figura della donna-vampiro, è qui ribaltato, biecamente svilito.
Tra locali a luci rosse, roulotte disordinate, appartamenti sudici e sordidi bordelli improvvisati in cui la sexy-vampira Claire (la conturbante Gemma Arterton in corsetti e tacchi a spillo) fa da maitresse a baby-prostitute raccolte al luna park.
Non sono le vergini da cui spillava sangue di eterna giovinezza la contessa Bathory, o le grazie offerte al vampiro in Le spose di Dracula (“The Brides of Dracula”, Terence Fisher, 1960), il film che Eleanor guarda su una vecchia Tv. Ma semplici vittime sacrificali date in pasto a una lurida società di depravati.
Perfettamente rappresentata nella metafora della confraternita maschile di vampiri secolari, il cui codice impedisce alla donna di “creare”, ridotta ad eterna appendice dell’uomo.
Il pensiero non può che andare ai due neo-noir di Neil Jordan, Mona Lisa (1986) e La moglie del soldato (“The Crying Game”, 1992): anche lì soprusi e prostituzione (minorile), violenze di strada, sozze località balneari, relazioni intense ed estreme ma impossibili, bisogno d’amore e ricerca di protezione.
Ella è solo l’ultimo personaggio della galleria di orfani (di genitori, vita e affetti) di Neil Jordan. E infatti la vediamo suonare il pianoforte come Claudia, la piccola bimba succhiasangue “adottata” dai due protagonisti di Intervista col vampiro.
Di cui è forse la versione più cresciuta e matura, che tra noia e nausea per una (non)vita immortale non ha più sete di corpi freschi, ma di qualcuno con cui consumarsi e consumare il brivido di un’adolescenza immobile, destinata a durare in eterno.
Peccato che, per vedere trattati questi temi, il pubblico italiano debba accontentarsi delle paccottiglie deprimenti della saga di Twilight: Byzantium infatti, dopo l’anteprima a Toronto 2012 e la successiva circolazione in Usa e nel Regno Unito, ancora non trova un distributore in Italia.
Eppure, come dimostra anche l’ottimo Only lovers left alive di Jim Jarmusch (visto all’ultimo Torino Film Festival), parlare di vampiri giovani e tormentati, riflettendo la crisi di identità e relazioni della contemporaneità, è possibile senza cedere al melò-trash e giocare al ribasso con lo spettatore.
Proviamo a ripartire da qui allora. Dai vampiri dandy, letterati e rockettari di Jarmusch. Dalla prostituta succhiasangue e la sua giovane figlia ribelle e innamorata di Byzantium. Sperando di dimenticarci un po’ alla volta il volto monoespressivo di Robert Pattinson.
Lunga vita alla nuove vampire.