Non toglieteci Bud Spencer e Terence Hill, altrimenti ci arrabbiamo. Che siano le zuffe nel polveroso Vecchio West di Trinità o le più recenti Botte di Natale (1994), chi non è cresciuto senza una delle loro leggendarie scazzottate, con pugni e schiaffoni “sonori”a schioccare come fruste sui malcapitati di turno?
L’occasione per riscoprire la coppia più manesca del cinema italiano arriva con l’iniziativa della Gazzetta Dello Sport, che a partire da lunedì 7 ottobre ripropone in Dvd la corposa Bud Spencer & Terence Hill Gold Edition (http://bit.ly/BudTerenceGold, 22 uscite settimanali a 9,99 euro l’una). Ora impreziosita dall’inossidabile cult Lo chiamavano Trinità (1970) e dal suo seguito Continuavano a chiamarlo Trinità (1971), entrambi diretti da E.B. Clucher (alias Enzo Barboni), in aggiunta a Più forte ragazzi (Giuseppe Colizzi, 1972) e Io sto con gli ippopotami (Italo Zingarelli, 1979).
Quattro titoli della collana che arrivano per la prima volta in edicola in esclusiva per la Gazzetta. Dallo sport al cinema, e ritorno. D’altronde è la stessa biografia di Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer, ad autorizzare il percorso. Dato che fu atleta prima che attore, campione di nuoto e pallanuoto, prima di conoscere il successo a braccetto con Terence Hill grazie al regista Giuseppe Colizzi, che li trasformò in divi popolari nei due western I quattro dell’Ave Maria (1968) e Dio perdona…io no! (1967).
Ma poiché non c’è due senza quattro (il film omonimo del 1984 insegna), ecco la roboante strana coppia (sempre un gigante buono un po’ burbero unito allo smilzo pigro, impertinente ma generoso) ripetersi subito nell’abbinata dei due Trinità. Film epocali non tanto per essere kolossal magniloquenti, ma proprio perché, letteralmente, un’epoca l’hanno segnata e attraversata.
Quella della transizione dallo spaghetti-western di Sergio Leone, cupo, crepuscolare e gravido di violenza, alla stagione del cosiddetto fagioli-western. Dove un approccio più divertito e buonista, battute e siparietti comici, l’irresistibile fisicità grossolana e fracassona di Spencer-Hill, stravolgono in affettuosa e giocosa parodia lo stile leoniano.
I fagioli, si sa, sono causa di imbarazzanti flatulenze, dunque di grasse risate. Quelle che Bud e Terence (ma chiamiamoli Carlo e Mario, in fondo sono nostrani) hanno continuato ad assicurare per almeno un altro ventennio, in un arco di pellicole che spaziano dai generi più diversi e che la collezione della Gazzetta copre esaurientemente.
Si va dal filone esotico e comico-avventuroso di Pari e dispari (1978), Chi trova un amico, trova un tesoro (1981), entrambi di Sergio Corbucci, Banana Joe (1982) di Steno, al poliziesco metropolitano in salsa Usa di Nati con la camicia (1983), I due superpiedi quasi piatti (1977), diretti ancora da Barboni, e Miami supercops – I poliziotti dell’ottava strada (1985) di Bruno Corbucci, quest’ultimo sull’onda delle action-comedy americane con lo sbirro Eddie Murphy.
Senza tralasciare le avventure in solitaria dei nostri eroi, come nel fanta-poliziesco fiabesco di Poliziotto superpiù (Sergio Corbucci, 1980), in cui l’agente Terence Hill si trova investito di eccezionali poteri. O in Cane e Gatto (Bruno Corbucci, 1983) dove il tenente Bud Spencer dà la caccia a un ladruncolo playboy interpretato da Tomas Milian.
Per finire con delle rare chicche per i cinefili più incalliti. Tra le altre, Il corsaro nero (1970) di Vincent Thomas, strampalato film di pirati (Terence Hill è il capitano) che ruba il titolo a Salgari e annovera un cameo di Bud Spencer tra la ciurma. O le opere che vedono Terence Hill impegnato in produzioni internazionali, come il film storico La bandera – Marcia o muori (“March or die”, 1977) di Dick Richards, dove interpreta un soldato della legione straniera all’indomani della prima guerra mondiale. O ancora l’atipico Oggi a me…domani a te (1968) di Tonino Cervi, western ambientato tra le foreste con un Bud Spencer nel ruolo di un pistolero.
Il piatto forte da non lasciarsi scappare resta comunque la prima uscita (7 ottobre), con l’immortale Lo chiamavano trinità. Western irriverente divenuto capolavoro del comico all’insaputa dei suoi stessi creatori. Convinti di aver realizzato uno spaghetti-western cattivo, seppur ammorbidito, restarono di sasso di fronte alle risate degli spettatori in platea. E ancora oggi si continua a ridere. Ma con in più una doverosa riconoscenza verso un’opera che ha aperto la strada a un nuovo genere. E con una punta di malinconia per un’epoca ed un’epica forse perdute per sempre.
Come quella che assale Tarantino nel finale di Django Unchained, che omaggia il film facendo montare a cavallo il suo Django sulle celebri note di “They Call me Trinity” di Franco Micalizzi: “he’s the top of the West…always cool…he’s the best”. Non c’è dubbio che Trinità fosse il (western) migliore, e che ancora lo sia.
Bud Spencer & Terence Hill Gold Edition. Un’opera completa e rigorosa per tutti i fan di Bud Spencer e Terence Hill. Per chi non vuole perdersi nulla, l’accoppiata è anche su Twitter: https://twitter.com/Bud_Terence