Anno: 2013
Al 29°TGLFF Bananot, di Eytan Fox.
Anat, una piacente panettiera di mezza età (Anat Waxman), una aspirante rock-star (Efrat Dor), un maestro elementare gay con una incontenibile passione per trucco-parrucco (Ofer Shechter) e paillettes, una ex miss di bellezza (Yael Bar Zohar), una nerd secchiona (Keren Berger) e la sussiegosa figlia di una famiglia bene (Dana Ivgy) vivono in un rapporto di solidale e amichevole vicinato e abitualmente si ritrovano, in cerca di evasione dal quotidiano, per guardare in tv l’Eurovision Song Contest, uno show in cui cantanti e band rappresentanti di diversi paesi del mondo si sfidano a singolar tenzone canora.
Fox ci presenta sinteticamente le storie di questi personaggi. Anat è disperata perché lasciata dal marito, la carriera musicale Efrat non decolla, Yale, ex miss Israele e ora avvocatessa frustrata, vive nel ricordo di un passato iridescente che sembra irrimediabilmente perso, Keren da tipica secchiona occhialuta ha difficoltà di socializzazione e ripiega sul mondo impalpabile dei blog e della rete, Dana è in cerca di una via di fuga dalle costrizioni di una famiglia tremendamente alto-borghese e tradizionalista e poi c’è l’incontenibile Ofer, che ha un fidanzato figlio dei propretari di una delle più note industrie del paese che non può compromettere la sua immagine pubblica rivelando il suo amore scandaloso, Ofer che porta la sua passione per la musica, la danza e le parrucche, anche nelle aule di scuola elementare, coinvolgendo i bambini in esilaranti coreografie a suon di disco-music, Ofer che affronta la sua esistenza difficile con incrollabile umorismo, Ofer che allestisce per amici e spettatori irresistibili esibizioni canore apparecchiato come un’ibrido tra Moira Orfei e Lady Gaga.
Si aprono quindi una serie di divertenti quadretti sul quotidiano di questi personaggi dalle cui interazioni nascono spunti comici e battute, quasi sempre innescanti dalle uscite sopra le righe di Ofer e dalla sua passione civettuola per i capi femminili che combina in look davvero improbabili, come quello con camicia e giacca da smoking e la vaporosa gonna di un tutù femminile che gli svolazza sotto, esibendo gambe decisamente maschili.
Ed è proprio lui ad accendere la miccia, il meccanismo attorno cui si dipana tutta la trama quando, così, più per gioco che per altro, iscrive la sua combriccola di amici all’amato concorso Eurovision Song Contest. Il filmato amatoriale che hanno girato per ridere durante uno dei loro ritrovi fa scalpore tra i produttori del programma che in quella performance casereccia e scalcinata vedono un enorme potenziale commerciale da sfruttare a loro vantaggio. E così, in men che non si dica, i nostri si ritrovano la grinfie di avidi direttori di rete, manager, coreografi e gente del mondo dello spettacolo che cercano di trasformarli in un ridicolo prodotto da classifica, con look sofisticati e arrangiamenti musicali all’ultima moda.
Sarà Dana, che a causa dei divieti del padre severissimo non aveva potuto prendere parte all’avventura musicale degli amici, a comprendere che il valore vero di quella band specialissima stava tutto nella spontaneità, nel profondo legame di amicizia che aveva animato i performers durante l’esibizione ritratta nel video che li ha resi famosi, armata di entusiasmo, dunque, entra come una ventata nella band, superando le personali idiosincrasie legate al rigido protocollo familiare, e fornendo la necessaria svolta positiva all’andamento della carriera del gruppo e all’ordito narrativo.
Ovviamente i nostri intrepidi arriveranno sino alla finale del concorso, a Parigi, permettendo al buon gusto di Eytan Fox, strada facendo, di disseminare il suo lavoro di gag intelligenti e di pennellate sentimentali (che riguardano soprattuto il personaggio di Anat e il suo precariato di coppia) sino al previsto proscioglimento finale in senso positivo di tutte le questioni personali presentate durante l’intreccio.
Il fidanzato di Ofer fara coming out e dichiarerà il loro amore pubblicamente, il marito di Anat ritorna ed è, ovviamente, innamoratissimo, Keren trova un’affascinante e occhialuto nerd anche lui gestore di un blog e convola verso amorosi lidi ecc.ecc. , secondando quel finale di collettiva riconciliazione che lo schema di commedia leggera sotteso a questo film necessariamente reclama.
Il tenore genera è agile e si mantiene su toni da commedia dal sapore vagamente televisivo, che per ritmi e situazioni richiama il fare di certe sit-com tv, a me vengono in mente Tre Cuori In Affitto e Friends, solo per dirne due, il cui umorismo fa ampio ricorso alla battuta a sfondo sessuale (qui sempre misurata da da un gusto ineccepibile nell’evitare scivoloni e cadute di livello), a scambi veloci di battute tra i personaggi e ad altrettanto veloci tagli nel montaggio.
Questo effetto sit-com viene poi volutamente aiutato dal trattamento invecchiante cui Fox sottopone le proprie immagini per conferire loro un’aspetto vintage, tipo immagine technicolor, concedendosi un’iconismo stile anni ’80-’90 che per certi versi mi richiama Almodóvar, sebbene epurato dalla sua aggressività cromatica e irrorato da un senso luministico più prudente.
Le varie parti sono condotte con dovizia da attori e regista e il complesso risulta convincente e senza falle, sebbene non riesca neppure a stupirci. Certamente spiccano le performances di Anat Waxman, che nella parte della panettiera di mezza età introduce una carica sentimentale ed emotiva di grande presenza, sebbene dalla fattura attoriale tenue e poco appariscente, e di Ofer Shechter, vero mattaore del gruppo, centro gravitazionale di tutti i meccanismi comici e drammaturgici del film, che inscena un personaggio istrionico e grottesco, dalla caratterizzazione più teatrale, che indubbiamente si giova del maggiore spazio che gli viene concesso dalla sceneggiatura.
Forse in questa levità qualcosa si perde, come se non tutte le possibilità del film fossero state sfruttate al meglio e certi spunti non avessero dispiegato tutto il loro potenziale comico ed emozionale. Ci si appassiona e si ride ma non troppo in questo lavoro che resta comunque piacevole alla fruizione, programmaticamente disimpegnativo, più che altro intrattenitivo.
Personalmente ho qualche perplessità sulle modalità di trattamento della tematica omosessuale, che qui mi pare lasciata su un livello esclusivamente epidermico, volutamente privo di scavo interiore e quasi pittorico, di arredo, quando, pur restando all’interno di un registro leggero e volto al riso, si sarebbero potuti introiettare contenuti di maggiore pregnanza riflessiva senza appesantire il testo di inutili problematizzazioni, ma arricchendolo in densità. Tuttavia mi pare che a questo livello del giudizio si stia scendendo troppo sul personale, trattandosi qui di una questione che riguarda le strategie di rappresentazione, il senso della misura e del gusto individuali, non l’oggettività del film.
Certo è che la singola visione festivaliera, per di più avvenuta a tarda ora e dopo una giornata spossante di visioni cinematografiche e rapida stesura di recensioni, possa non avermi aiutato nel cogliere appieno lo spirito leggero e disimpegnato di questo film, per cui sospendo il giudizio, in attesa di una prossima visione.