20 anni di meno

20 anni di meno

Regia: David Moreau
Anno: 2013

Cougar e toy boy, ovvero l’amore tra donne non più giovanissime e ragazzi ai tempi dei social network.

Non avete ancora capito il significato della sigla M.I.L.F.? Il film ne darà la definizione più volte: il tema è infatti quello delle relazioni tra toy boy e cougar, altri termini inflazionatissimi nelle pagine di gossip e nelle serie tv (Cougar Town su tutte) ma per qualche incomprensibile ragione ancora non sfruttati al cinema. Di storie d’amore tra ragazzi e donne mature la storia del cinema è piena, benintenso, ma questa è la prima pellicola sul tema ai tempi dei social network e presenta un punto di vista  femminile sull’argomento.

È infatti la stessa Alice (Virginie Efira) ad autodefinirsi m.i.l.f., ben conscia dei vantaggi di tale etichetta. Alice è infatti è una bella trentottenne in carriera, divorziata e con figlia, etichettata dai colleghi come borghese complessata e frigida. Lavora nel mondo delle riviste di moda e il suo capo sembra preferirle una giovanissima new entry, disinibita ed eccentrica perché Alice, brava lavoratrice, è troppo ordinaria. Un giorno così la donna decide di cogliere al volo un equivoco nato per colpa di un click finito in rete e finge di avere una relazione con un ragazzo che ha vent’anni in meno di lei.

Riesce così a spiazzare i colleghi, ma finirà soprattutto per stupire se stessa e rimanere vittima del proprio inganno. La giovane vittima del suo gioco è Balthazar, studente universitario agiato e imbranato che non oserebbe mai definire m.i.l.f. la sua amata. C’è quindi una differenza abissale tra i ragazzi di American Pie (Chris e Peter Weir, 1999) che coniarono questo acronimo: qui è la donna a gestire e incanalare una situazione, per lei prima di tutto sociale, di qualcosa che il suo toy boy vede solo dal punto di vista sentimentale.

Due protagonisti azzeccati, interpretati dalla bravissima Virginie Efira e da Pierre Niney, attore della Comédie Française già visto in altre commedie di successo, permettono di lasciarsi coinvolgere da una vicenda scontata nel suo rincorrere canoni tipici della commedia romantica hollywoodiana eppure dotata di un guizzo squisitamente francese che le permette di elevarsi sopra la media delle commedie romantiche viste ultimamente in sala e di risultare quindi piacevole.

Dalla sua il film ha anche una buona dose di satira del vacuo mondo della moda, popolato da figure il cui potere è inversamente proporzionale alla loro gentilezza: ne sono un chiaro, volutamente esagerato e perciò gustoso esempio, l’eccentrica, sgarbatissima fotografa che crede di aver il diritto di trattare malissimo chiunque le si trovi accanto e la silenziosa e spietata direttrice della rivista.

Le scenette di satira si risolvono tuttavia nell’iperbole, senza risultare mai davvero graffianti, e alle grasse risate si preferiscono i sorrisi. Diciamo che è tutto alquanto tenue e contenuto, in linea col bonton francese.

Il regista è il giovane David Moreau, che dopo l’horror hollywoodiano The Eye (2008), torna in Francia per dirigere una commedia romantica che ha sbancato il box office d’oltralpe.