Regia: Bibo Bergeron
Anno: 2012
Un casuale miscuglio di pozioni alchemiche trasforma una mosca in un mostro di due metri capace di suonare, cantare e ballare come un vero artista.
Quando si guarda un film d’animazione ci si aspetta sempre un’atmosfera costruita ad hoc per divertire esclusivamente i più piccoli. Ci si aspetta sempre di vedere in sala un papà o una mamma intenti a dormire sul bracciolo della poltrona con il bimbo che si gode lo spettacolo.
Non sarà così, non per questo film di Bibo Bergeron, regista e animatore del ben più noto Shark Tale (2004, co-diretto con Vicky Jenson e Rob Letterman).
Un mostro a Parigi è un miscuglio tra le atmosfere francesi della belle epoque stile Midnight In Paris (Woody Allen, 2011), ed il conflitto interiore di un mostro scacciato dalla società, lo stesso che, più di un secolo e mezzo fa, tormentava il Frankenstein di Mary Shelley.
Un mostro a Parigi è la storia di una mosca chiusa nel laboratorio di uno scienziato francese in viaggio a New York, all’interno del quale piombano per una consegna il cinematografo Emile e l’eclettico Raoul. Accolti dalla scimmia Charles, i due sono invitati a non toccare nulla, ma vinti dalla curiosità, si addentrano nel laboratorio e dopo una serie di sfortunate gag la combinano grossa: due pozioni molto potenti piombano sulla malcapitata mosca, che si ritrova ingigantita nel corpo di un mostro di due metri.
Scacciato con grida di terrore da chiunque lo incrociasse, il mostro arriva dalla cantante Lucille, conquistandola con la sua voce soave. Ribattezzato Francoeur, il mostro si dimostrerà abilissimo suonatore e ballerino, conquistando il pubblico dello spettacolo di Lucille, ma dovrà scappare dalle manie di protagonismo e di potere del prefetto Maynott, pronto ad ucciderlo per ergersi ad eroe della città.
Un film che intrattiene piacevolmente spettatori di tutte le età, forse proprio questa è stata la sfortuna di questa pellicola. Un mostro a Parigi è stato un calamoroso flop al box office nonostante i giudizi della critica, per la maggior parte positivi.
Un mostro a Parigi, infatti, non è propriamente un film d’animazione che può piacere a tutti i bambini.
I tentativi di fare humour sono abbastanza piatti e gli spettatori vengono coinvolti più dagli inseguimenti e dalle sequenze cinematografiche che dall’immediatezza del divertimento spicciolo tipico dei film per i più piccoli.
Mancano tutta una serie di gag e di caricature, sacrificate a beneficio di personaggi scritti in modo intelligente, di una storia che non presenta punti morti e si affaccia episodicamente a scene ispirate a grandi film del passato come Il Fantasma dell’Opera (Rupert Julian, 1925) King Kong (1933,1976,2005) e La Mosca (David Cronenberg, 1986).
Ma la pellicola ha dei grandi punti di forza: la scenografia e l’estrema cura degli ambienti con cui viene modellata la Parigi di inizio Novecento dipinge un’ambientazione mai spoglia e sempre tratteggiata nel minimo dettaglio.
Pregievole la qualità delle animazioni in ogni sequenza ed in ogni elemento, che conferisce ai personaggi, alle vetture rappresentate e agli elementi della scenografia uno stile originale e divertente.
Regia e fotografia creative e pulite, movimenti di camera senza troppi sfarzi e come si addice a film del genere, invisibili al punto giusto, ma sempre intenti a comunicare silenziosamente il giusto ritmo alla storia e le giuste emozioni a livello cromatico.
In ultima analisi ma non in ordine di importanza, la colonna sonora di Matthieu Chedid, fresca, orecchiabile e attraente, che farà fischiettare mamma e papà mentre i piccoli si godono questo idillo della Parigi del primo novecento, sfondo di una macedonia di immagini prese qua e là dalle storie che han fatto la storia, incastrate perfettamente l’un l’altra in un mosaico che sa di vecchio e nuovo assieme.
Proprio carino questo film, che non si sarà guadagnato bei verdoni al box office, ma si aggiudica l’ennesima critica positiva, sperando che non sia l’ultima a riconoscergli ciò che si merita.
Da vedere, grandi e piccoli, magari insieme.