E io non pago – L’Italia dei furbetti

Regia: Alessandro Capone
Anno: 2012

E io non pago – L’Italia dei furbetti coglie spunti dall’attualità quasi recente il nuovo film diretto da Alessandro Capone, noto al pubblico italiano per varie fiction tv come Detective Extralarge (1993), Orgoglio (2005), Distretto Di Polizia (2007-2008), I Delitti Del Cuoco (2010), e per lungometraggi cinematografici (Uomini sull’orlo di una crisi di nervi, 1995) e televisivi (Prigioniere Del Cuore,2000, Per Amore Per Vendetta, 2002).

Sono infatti il rigorismo dell’era montiana, i bliz della finanza, l’esportazione di capitali nei paradisi fiscali, la vita bella e mondana dei soliti furbetti nazionali, a fornire lo sfondo per questo tentativo di commedia all’italiana costruita su alcune delle formule più classiche del genere e che sciorina un’ampia compagine di volti noti del cinepanettone italico.

La scelta di Capone si avvicina in qualche misura a quel genere di commedia anni settanta che fondava il proprio potere attrattivo sulla presenza di forti caratteristi e starlette di indubbio fascino e notorietà (spesso momentanea).

Nel caso nostro spiccano certo le abilità da caratteristi di Mattioli (Buona Giornata, 2012; Viva L’italia, 2012; Operazione Vacanze 201; Immaturi, 2011, solo per citarne alcuni) nel ruolo del maresciallo Signorelli e di Casagrande (Gli Equilibristi, 2012; La Scomparsa Di Patò, 2011) che gli fa da spalla interpretando il brigadiere Riva, quelle di uno stagionato Jerry Calà (Fulvio), che ben si ritrova nel ruolo dello pseudo-uomo-di-mondo che in fondo ha il solito cuore grande così degli italioti e di Enzo Salvi (Operazione Vacanze, 2012; Almeno Tu Nell’Universo, 2011; A Natale Mi Sposo, 2010), macchiettistico ma efficace rispetto al contesto, nel ruolo di cattivo e viscidissimo commercialista dei vip disonesti.

Tra le stelle femminili spicca certo la presenza di Valeria Marini (Incontri Proibiti, 1998; Bambola, 1996) che veste i panni della maga Sonia, che spesso recita in sardo con esiti non propriamente incoraggianti, e di Cosetta Turco (Operazione Vacanze, 2012;Si Può Fare L’amore Vestiti?, 2012;Dopo Quella Notte, 2010) nel ruolo minore di Roberta.

Completano il cast Ninì Salerno (Turné,1990; Il Barbiere Di Rio, 1996), compresso nel ruolo secondario di un chirurgo estetico compiacente e truffaldino, il Dottor Cecchini, che tuttavia non trova sufficiente spazio per manifestare la sua verve attorica, e Benito Urgu, nel ruolo di Bruno Cadeddu, che ripropone alcune gag tra le più note del suo repertorio live.

Tutta la vicenda ruota intorno alle figure del maresciallo Signorelli-Mattioli e del Brigadiere Riva-Casagrande che, in incognito, approdano in Sardegna, nella lussuosa Poltu Quatu, con l’intento di preparare una gigantesca operazione anti-evasione delle Fiamme Gialle. A far loro da mentore nei meandri della mondanità locale e della finanza creativa sarà l’inconsapevole Fulvio (Jerry Calà), ex compagno di scuola di Mattioli, che, ignorando missione e professione dei due, li metterà a parte di segreti scomodi e intrallazzi vari che gli altolocati frequentatori della zona pongono in essere in baraba al fisco, secondo la migliore tradizione dell’arrangiarsi all’italiana.

L’attenzione dei due finanzieri si appunta, ovviamente, sulla losca figura di Grilli (Enzo Salvi) commercialista fasullo e genio dell’evasione fiscale, che intrattiene rapporti professionali quantomeno loschi con vip ed esponenti della politica di cui dirotta risparmi e capitali su conti segreti dislocati in paradisi fiscali.

La narrazione si dipana seguendo contemporaneamente diverse sottotrame, oltre a quella principale che riguarda l’indagine su Grilli. La storia dell’amicizia tra Fulvio-Calà e il Maresciallo interpretato da Mattioli, quella relativa alla love story tra il brigadiere Riva e Roberta, impiegata come estetista nel centro estetico di Ninì Salerno (talmente bella e buona da rifiutare i facili guadagni che la vita mondana sembrava prometterle), quella incentrata sulla vita da strega della Marini, che scopriamo in combutta con Grilli e quella relativa agli sforzi di Bruno Cadeddu-Urgu che, derubato di un enorme tricheco gonfiabile dentro cui aveva nascosto i propri risparmi, spenderà tutto il resto del film a tentare di recuperarlo dando vita a varie gag.

Scioglimento finale delle varie vicende nella miglior tradizione buonista dell’Italietta da commedia.
L’antica amicizia tra Fulvio e il maresciallo Signorelli si riallaccia dopo varie vicissitudini, reciproche accuse di falsità e senza risparmiarci una tirata moralizzatrice di Fulvio-Calà sui valori dell’amicizia vera e sulla dissennatezza dello stile di vita di chi va a letto quando il sole sorge (che considerata la biografia dell’attore, forse, assume un chè di autobiografico e inconsapevolmente toccante).

La love story tra la brava ragazza e il brigadiere, marpione ma buono, come tutti gli italiani, volge a buon fine, e lascia presagire sviluppi relativamente al fatto che lui, da vero Italiano, vive ancora con la mamma.

Come da copione per i cattivi e i furbetti del sottotitolo si aprono le porte delle patrie galere, che accoglieranno il commercialista Grilli, la Maga Sonia, il dottor Cecchini (Ninì Salerno) e Benitu Urgu-Cadeddu, che in un ultimo e disperato tentativo di salvarsi cercherà di corrompere gli agenti della Guardia di Finanza con forme di cacio e offerta di pecore.

Al di là delle varie debolezze attoriche che non affliggono certo questo film più di altri del medesimo genere, il problema vero, a mio modesto parere, sta nel fatto che si ride troppo poco, e svogliatamente, di fronte alle gags poste in essere dai protagonisti, che restano per lo più prive di un vero climax comico, quasi incompiute.

Il lavoro scritturale non è stato in grado di creare occasioni adeguate per il pieno dispiegamento delle varie comicità messe in campo, ma nemmeno a fornire un supporto adeguato alle doti da caratteristi dei vari Mattioli, Calà, Salvi, Casagrande, Salerno che restano come sospesi in macchiette irrisolte, prive di uno spunto forte.

La cosa peggiore del film, probabilmente, è il tentativo di dialogo sentimentale ed edificante tra Calà e Mattioli, al di sotto del quale una malaugurata scelta registica sottende un temino di violino che vorrebbe essere sentimentale e accorato ma che risulta inutilmente patetico e fuori contesto. Entrambi i protagonisti appaiono assai poco credibili nelle parti serie, per via delle innate qualità dei rispettivi registri attoriali e delle fisionomie poco adatte al drammatico. Il contenuto stesso delle battute risuona melenso, improntato a una morale eccessivamente semplificatoria e buonista che non sembra aggiornata ai tempi correnti.

Le due cose migliori di questo film, a mio avviso, sono Enzo Salvi, che pur entro i limti del macchiettistico da cabaret, ci rende un cattivo commercialista non troppo lontano da certi figuri reali che popolano le cronache mondane, e la Marini, che non certamente sostenuta da doti attoriche di rilievo, dimostra di sapersi prendere talmente poco sul serio da risultare autoironica.

Un film che consiglio vivamente solo ai super-fan di cinepanettoni e trash-vacanziero, oltre che ai veri estimatori di Valeria Marini.