Regia: Terence Davies
Anno: 2016
A quiet passion narra le opere e i giorni di Emily Dickinson (1830-1886), una tra le più grandi poetesse della letteratura americana, con la finezza del regista inglese Terence Davies.
Siamo attorno alla metà dell’Ottocento, in Massachusetts, ancora in clima puritano. La giovane Emily Dickinson (Emma Bell) viene educata in un collegio fondato su rigide impostazioni religiose. L’insofferenza verso le ipocrisie e le costrizioni di matrice calvinista la porta ad allontanarsi dall’istituzione e a proseguire la propria formazione nella casa paterna, vicina ai genitori e agli amati fratelli.
Da quel momento si avvicendano gli episodi di una vita certamente non ricca di eventi importanti o di grandi esperienze, perché Emily (interpretata da adulta da Cynthia Nixon) vive a stretto contatto con gli affetti famigliari e all’interno delle mura domestiche, vicina soprattutto al padre (Keith Carradine), comprensivo ma autoritario, e alla cara sorella Vinnie (Jennifer Ehle). Dalla deliziosa e tranquilla casa immersa nel verde di Amherst passano pochi ma fidati ospiti, svolazzano pettegolezzi fra passeggiate e amene conversazioni in giardino, si susseguono i giri di ballo in serate mondane. Ma nulla sembra attrarre Emily più della sua stanza dove di notte nel totale silenzio compone poesie, pubblicate solo in minima parte quando la scrittrice è in vita e parzialmente modificate dal suo editore, per compiacere il gusto dei lettori contemporanei. Una violenza per la spiccata sensibilità dell’autrice.
Con gli anni Emily diminuisce progressivamente i contatti con l’esterno e si ritira nella sua stanza, da cui uscirà di rado, applicando a se stessa rigidi codici di comportamento, che riflette in seconda battuta su chi la circonda. Entra così in polemica con la società del suo tempo, bigotta e maschilista, con una lotta silenziosa, portata avanti attraverso una condotta inflessibile, al limite dell’autopunizione, e la forza delle sue poesie. La sua vita, dopo una malattia che la mina nel fisico ma non nello spirito, si conclude dove era iniziata, in quella casa paterna, dalla quale Emily non ha mai più messo piede fuori.
Terence Davies non è un autore prolifico: dal suo primo importante lavoro, Voci lontane…sempre presenti (Distant voices, still lives) del 1988, ad oggi ha realizzato sette film, sempre piuttosto attesi dalla critica e apprezzati nei festival europei. Regista attento ai dettagli figurativi e alle sfumature dei dialoghi, ha un approccio molto personale al cinema, che tende a diventare quasi letterario o, se si preferisce, “cinema d’arte”, con i pregi e i difetti che ciò può comportare. Alcuni tempi sono dilatati, alcuni dialoghi prendono il sopravvento sull’azione, rischiando di appesantire la pellicola, alcune scene sembrano giustapposte le une alle altre senza fluidità narrativa. Il pathos, a volte, sembra sfuggire al controllo e tende a diventare tragedia, senza però commuovere.
A quiet passion risente un po’ di questi dettagli, presenti del resto anche in un’altra pellicola di Davies a vocazione letteraria, La casa della gioia (The house of mirth, 2000), che ancora una volta aveva per protagonista una donna (Gillian Anderson, bravissima) in contrasto con la società americana del suo tempo, davanti alla quale si rifiutava di scendere a compromessi. Ma se in quel film c’era alla base il romanzo di Edith Wharton, che garantiva un continuum narrativo strutturato, in A quiet passion la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, “rischia” la strada della biografia, non sempre facile a livello cinematografico, specie se al centro viene messa la poesia. Davies non sceglie la biografia romanzata, di maggiore appeal verso il pubblico, ma si concentra sulla personalità della Dickinson, mettendo in risalto i passi fondamentali della sua vita che hanno avuto un significato particolare nella genesi delle sue poesie. E così vita e poesia, voce lontana sempre presente (come voce fuori campo), s’intrecciano senza soluzione di continuità, restituendo la dovuta dignità a un’autrice come la Dickinson.
Vera sorpresa e punto di forza del film è l’interpretazione magistrale di Cynthia Nixon, che forse in pochi si sarebbero aspettati dall’attrice di Sex and the city. La sua Dickinson è viva, vibrante e sofferta e cambia sfumature di volto col progressivo mutare della sua vita, donando luci e ombre al personaggio. Tutto il cast di attori è all’altezza e pregevoli sono anche fotografia, interni e ricostruzione d’epoca.
A quiet passion nel complesso è un’opera di raffinata qualità, ma con qualche imperfezione di sceneggiatura e di scioltezza narrativa, che a tratti dà l’impressione di non definire nel profondo la donna Emily Dickinson. Vien da chiedersi cosa ne avrebbe fatto Jane Campion, acuta e sensibile indagatrice dell’animo femminile, che in passato aveva tradotto in immagini la vita di una scrittrice, Janet Frame, in Un angelo alla mia tavola (An angel at my table, 1990). Il film di Davies ha però il pregio di portare sullo schermo la coscienza morale di una grande poetessa e il suo rigore nei confronti di se stessa e del suo tempo. In altre parole, la sua quieta passione.