Azul y no tan rosa

Azul y no tan rosa

copertinaprogrammaRegia: Miguel Ferrari
Anno: 2012

Diego e Fabrizio con ineccepibile tempismo decidono di andare ad abitare nella stessa casa proprio quando sulla vita del primo si Abbatte, come un piccolo tornado emozionale, l’adolescente Armando, il figlio che non vede da cinque anni e che in principio, inevitabilmente, entra in grave conflitto con una identità  paterna per lui difficile da decifrare.
Storia di fatica, quella della costruzione di un rapporto, che da sempre segna i padri e i figli, ma che qui trova motivi diversi di introspezione e riso, per via di questo padre dall’identità sincera e “scandalosa”, storia di come da questa estraneità si possa arrivare a comprendere ciò che è altro rispetto a noi .

L’inizio è difficile per entrambi, padre e figlio, l’uno gonfio di livore nei confronti di un padre assente di cui scopre drammaticamente un’identità taciuta, e l’altro costretto a fare i conti con la propria coscienza di genitore, ad affrontare quei sensi di colpa che quasi fatalmente si accompagnano a queste storie di profonda coerenza personale.Azul pistola

Sarà un’avvicinamento lento, il loro, che procede per passi circospetti e che troverà l’atteso proscioglimento solo quando si ritroveranno uniti nel dolore comune per la perdita della persona amata, il primo grande e infelice amore di Armando e quello di Diego, il povero Fabrizio, che cade vittima di una assurda aggressione omofobica.

E proprio il personaggio di Fabrizio ci da modo di parlare di quell’altro snodo narrativo importante in questo Azul Y No tan Rosa, che Ferrari sa trattare spesso con ironia divertita, quel quotidiano difficile a cui è costretta una coppia considerata scomoda.

Dalle imbarazzanti finzioni con l’ignara famiglia di Diego, dalle insidiose domande del nipotino e dalle allusioni dei vari parenti, oltre che dalla brillantissima performance di Delirio del Rio, nascono gags e motivi di divertimento sincero, in grado tuttavia di presentificare il problema culturale di fondo, quello di una società trincerata dietro il rifiuto di ciò che ha bollato come diverso, con piglio lieve e ironico.

imageAzul musclesL’altra anima del film passa attraverso tutta una serie di ricorrenze negative, come l’ostilità aperta dei genitori di Fabrizio per Diego o gli sguardi diffidenti delle persone al ristorante e i commenti omofobo-demagogici del padre di Diego che commenta quotidianamente notiziari e programmi tv, dettagli che al di là della possibilità del riso ci ricordano la difficoltà di un’esistenza segnata dal pregiudizio, dal sospetto degli altri. Qui la sensibilità di Ferrari si dimostra più risentita, ma mai vendicativa, e trova la propria apoteosi tragica nell’aggressione subita da Fabrizio, nell’insensatezza urlata da questa violenza senza ragioni che irrompe nel testo inaspettata e stordente.

La narrazione si tiene abilmente in bilico tra introspezione sentimentale e denuncia della violenza, tra ironia non sempre facile e piglio drammatico all’interno di un piano formale che Ferrari non appesantisce con eccessi espressionistici o deformazioni acrobatiche dei materiali audio visivi, ma che pure rivela una certa rigorosità di impianto nelle inquadrature dalla struttura figurale poco appariscente ma sicura e nei cromatismi dal segno pittorico che rifuggono gli eccessi. Movimenti di macchina lineari e musica per lo più orchestrale si limitano ad accompagnare empaticamente stati emozionali e situazioni narrative, il montaggio ha funzione paratattica e si occupa per lo più di restituire alla storia una linearità-coerenza temporale.

Azul Y No Tan Rosa, in definitiva, e un’ opera prima decisamente matura, un film delicato, ma di profonda coscienza civile, adatto, a mio avviso, al consumo di un pubblico vasto e trasversale, costruito per suscitare, sono parole del regista, un’identificazione con i personaggi che prescinda dalla questione dell’orientamento sessuale, ma che poggia sull’identità dei sentimenti, questi universali liberi dalle classificazioni stringenti e ghettizzanti e che, anzi, riguardano indistintamente tutte le persone, e non questa o quella categoria.