Regia: Anthony e Joe Russo Anno: 2014
Le abituali bonus scene in coda ai cinecomics Marvel non fungono più soltanto da brevi segmenti introduttivi alle opere in dirittura d’arrivo nella continuity del loro cinematic universe. È bene considerarle a pieno titolo come porzioni coerentemente integrate nell’economia generale del testo in questione, e, in quanto tali, ricche di spunti significanti.
È ciò che avviene in fondo a Captain America – The Winter Soldier. Dove una battuta del nazi-barone Strucker (supervillain interpretato da Thomas Kretschmann che vedremo in The Avengers – Age of Ultron) riassume perfettamente la natura di film-frattura nell’evoluzione della galassia Marvel di cui The Winter Soldier si fa carico. “S.H.I.E.L.D.? Hydra? Due facce di una moneta ormai fuori corso” è la sentenza di Strucker, probabile punto di partenza (e non ritorno) delle narrazioni Marvel a venire.
Lo spionaggio militare dello S.H.I.E.L.D., finora il campo-base, snodo centrale, vettore di collegamento, smistamento e “compartimentazione” (per usare il termine di Nick Fury) di eroi e storylines, raggiunge il culmine della sua ambiguità. Rivelando il suo lato più oscuro, le cellule parassite cresciute all’interno, addirittura nelle fondamenta costitutive (il padre-fondatore Alexander Pierce). Lo S.H.I.E.L.D. implode, smette (definitivamente?) di offrire la sponda all’azione degli eroi. È questa l’eredità con cui dovranno fare i conti gli Avengers nelle battaglie future, in team o in solitaria.
Per ora, questo capitolo di Captain America, tesissimo action-thriller metropolitano, tolta l’ironia canzonatoria che temperava il pur cupo Thor – The Dark World (stessi sceneggiatori, Stephen McFeely e Christopher Markus), traccia un bilancio e certifica la crisi. Tutto viene scoperchiato. File e database segreti, reiterate menzogne di massa e occultamenti storici diventano di pubblico dominio. Un nuovo watergate dell’intelligence politica e delle architetture militari americane (l’ingaggio del settantesco Robert Reford versione villain in colletto bianco si spiega così). The Winter Soldier svela subdoli meccanismi di controllo arbitrario di ordine e caos da parte degli alti poteri. Riflette le paure del ventunesimo secolo preso nell’ottica di “libro digitale leggibile attraverso un algoritmo omicida”. Perché dopo le bombe intelligenti, si può programmare un genocidio via satellite. Il tutto, come sempre, in nome di sicurezza e libertà.
Una curiosa citazione in merito si salda nella sequenza del laboratorio segreto, dove Rogers e Vedova Nera fronteggiano il cervello elettronico del dottor Zola, riversato su chilometri di nastro magnetico. “Shall we play a game?…” dice sorniona Vedova Nera attivando il programma sullo schermo “… Lo dicevano in un film molto popolare”. “Lo so. L’ho visto”, conferma Captain America. La battuta originale (dispersa nel doppiaggio italiano con un generico “Vogliamo giocare?”) viene direttamente da Wargames – Giochi di guerra (1983) di John Badham. Si tratta della frase rivolta da un misterioso cervello elettronico (che “parla” attraverso lo schermo proprio come quello di Zola) a un giovane operatore, ignaro di come il computer stia per scatenare una “guerra termonucleare totale” con le semplici mosse di un videogame. Un’assennata corsa agli armamenti, la distruzione sistematica del mondo alla stregua di un gioco, in cui basta schiacciare un pulsante su una tastiera per far scoppiare l’apocalisse. Dagli anni ’80 di Reagan al presente futuribile di Captain America, le minacce e i timori restano gli stessi. Solo diventano ancor più invisibili e ipertecnologici.
Tirate le somme, più che lo scontato trionfo dei paladini, The Winter Soldier lascia un senso di perdita e spaesamento. Nick Fury da fuoco agli archivi e cancella ogni traccia (quasi una reminiscenza del Lucius Fox nel finale de Il cavaliere oscuro, 2008, impegnato a spegnere gli schermi e disattivare il reparto militare della Wayne Enterprises). Cadute le certezze, confuse le coordinate, incrinata la logica del team di buoni in lotta contro un male definito, ognuno sembra abbandonare il campo e andare momentaneamente per la sua strada. Lo stesso Steve Rogers si lancia su una pista personale, alla ricerca dell’amico Bucky Barnes (ora nemesi degenerata), e quindi del suo doppio oscuro. In attesa della nuova avventura degli Avengers, ogni reclutamento è sospeso, fino a nuovo (dis)ordine.