Anno: 1975
Milestones dura 195 minuti. Un lunghissimo documento dal valore antropologico, arrivo a dire, che intende documentare in maniera estesa, quasi minuziosa, le pratiche di resistenza culturale (quando non militante), di aggregazione sociale di tutta quella generazione di giovani che poi furono fregiati, spesso ignorando significative differenze di senso, con appellativi come hyppies, capelloni, freaks (frikkettoni, in Italia) et similia. Quelli della rivoluzione culturale e del sogno indomito, colti nel momento di maggior fecondità di quella temperie, quando le derive omicide erano ancora da venire.
Questa enciclopedia universale della sinistra alternativa e attivista di quegli anni è disuguale al suo interno, e cuce insieme materiali differenti per natura e forma filmica. Interviste, racconti in macchina, filmati documentari e di fiction, alimentano questa sorta di ready made duchampiano in cui quasi nulla si narra e gli eventi, semplicemente, si mostrano. Kramer sceglie di non strutturare i materiali del film secondo una qualsivoglia intenzione personale, significativa o espressiva, e lascia, per così dire, che si raccontino da sè. Un’estetica da documento verità rigorosa in cui anche lo stile rinuncia a qualsiasi presa di posizione e si assottiglia sino alla più totale neutralità.
L’uso del 16mm impone a tutta l’opera la cifra estetica caratteristica dei film di quegli anni, le immagini dalla ridotta profondità di campo e dai colori dilavati, con una grana grossa, quasi ruvida. il montaggio è più un accostamento di spezzoni giustappunti che non lo svolgimento consequenziale di una narrazione visiva.
Scelte e stili di vita alternativi, lontani dagli stereotipi e liberati, rapporti interpersonali (soprattutto quello con i figli), che generano problematicità e opposizioni, ma anche ricchezze interiori inaspettate, da cui emerge una America altra, caleidoscopica e umanissima.
Il meccanismo significazionale di Milestones resta volutamente monco, non impone un senso proprio, e richiede la collaborazione dello spettatore, dei significati che saprà produrre a partire dall’oggettività dei documenti contenuti nel film, per potersi completare.
Un film non divertente, e che non ha alcuna propensione ad esserlo, di una verità emozionante per la luce che getta su quanto c’era di più bello nel sogno libertario e iconoclasta dell’America di quegli anni.